Mons.
Antonio Di Tommaso (1860 - 1956)
Resse la Diocesi di Oria per quasi mezzo secolo.
Si impegnò con dedizione ad accogliere a Francavilla Fontana e a Oria gli orfani
profughi del terremoto del 1908. Con riconoscenza disse a Padre Annibale ed ai
suoi figli: “Mi avete evangelizzato Oria!”
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Nacque a Vittorito (L’Aquila) il 10 Agosto 1860. Ordinato sacerdote
insegnò per alcuni anni latino e greco nel Seminario di Sulmona e,
nominato canonico al Capitolo di Corfinio, nel 1897, fu parroco di
Popoli fino al 1902, anno nel quale venne eletto da Leone XIII Vescovo
titolare di Eudossiade e coadiutore alla Diocesi di Penne. Nel 1903
divenne Vescovo di Oria. Il suo ingresso in città avvenne il 19 Marzo
1904.
Mons. Di Tommaso fu un ottimo predicatore e conferenziere. Coltivò con
interesse la cultura classica greca e latina: così come appare nelle sue
lettere pastorali nelle quali seppe unire alla profondità della dottrina
l’eleganza dello stile.
“Uomo di grandi vedute” – come fu definito – Mons. Di Tommaso
ebbe uno spiccato senso del bello e dell’arte che dimostrò, tra l’altro,
nei restauri del 1912 della Cattedrale di Oria, notevolmente danneggiata
dal ciclone del 21 Settembre 1897, e del santuario dei Santi Cosimo e
Damiano con la costruzione, nel 1930, del campanile. A lui si deve anche
l’edificazione della sede estiva del seminario diocesano di Maruggio
(Taranto), sul litorale jonico.
Il suo mandato di Vescovo non fu certo facile: visse tutta un’epoca di
travagliate vicende storiche italiane: le aspre lotte sociali, i
radicali mutamenti politici e la drammatica esperienza delle due guerre
mondiali. Anche la situazione interna alla Diocesi, soprattutto
all’inizio del suo mandato, non era delle migliori. La forte personalità
del Prelato intervenne per eliminare non poche brutte consuetudini, che
sotto una parvenza di pietà e devozione in realtà danneggiavano
seriamente la vera fede. Riuscì pian piano a sedare le annose beghe del
clero oritano anche se queste ebbero purtroppo inevitabili conseguenze
negative: in primis allontanando dei fedeli dai propri
pastori.
Nel 1947, Mons. Di Tommaso, ormai 88enne volle ritirarsi a vita privata
presso la sua famiglia, nella nativa Vittorito, dove sopravvisse per un
altro decennio continuando - nell’ambito delle sue possibilità - a
svolgere attività pastorale. Morì quasi centenario il 2 Marzo 1956,
lasciando nell’animo di diverse generazioni di fedeli il ricordo
indelebile della sua l’affabilità paterna.
L'8 Gennaio 2004, i resti mortali di Mons. Di Tommaso furono traslati
dal piccolo cimitero di Vittorito alla cripta dei Vescovi della
Cattedrale di Oria, dove riposa insieme ai suoi predecessori.
Mons. Antonio di Tommaso è stato grande amico e ammiratore di Padre
Annibale. Il Padre lo definisce «uomo dal cuore magnanimo, dotto,
zelante e pio». A cominciare dal suo intervento per l’acquisto del
convento di San Pasquale, il suo sostegno agli Istituti di Padre
Annibale non venne mai meno in tutti i lunghi anni del suo episcopato.
Le prime relazioni del Padre col Presule risalgono al 1905 con la sua
adesione alla Sacra Alleanza. Successivamente, i primi di Novembre del
1908, insieme vaglieranno l’eventualità di una fondazione in città:
«Egli accolse di buon grado la mia proposta – scrisse sul periodico
“Dio e il Prossimo” Padre Annibale l’anno successivo – ma né Lui
né io pensammo ciò che la Provvidenza disponeva. Mons. Di Tommaso porta
il nome di Antonio di Padova. Egli dunque era l’Angelo destinato da Dio
per salvare gli Orfanotrofi Antoniani».
Infatti da lì a pochi giorni, il 28 Dicembre del 1908, il terremoto di
Messina in un attimo distrusse la città e seppellì materialmente gli
Istituti di Padre Annibale. Al suo rientro da Roma, i primi di Gennaio,
il Padre scrisse ai Cappuccini di Francavilla Fontana e a Mons. Di
Tommaso.
Avuto un cenno positivo partì per le Puglie per preparare il
trasferimento delle due comunità e degli orfani a Francavilla e a Oria.
Mons. Di Tommaso chiese la disponibilità del monastero di San Benedetto
ed intensificò le trattative per l’acquisto del convento di San
Pasquale. A Febbraio preparò egli stesso l’accoglienza dei primi due
gruppi di orfane messinesi presso la sede provvisoria dell’"Ospedale
Martini". Il 28 Settembre 1909 concluse l’acquisto del convento di San
Pasquale ammirando della semplicità del Padre: "…quando Padre
Annibale seppe che il proprietario vendeva anziché offrire
gratuitamente, perché oberato di debiti, egli piuttosto che compiacersi
con me per essermi adoperato per la riduzione del prezzo, si sentiva
quasi mortificato per aver insistito a ridurlo".
L’11 Luglio 1909 accompagnò Padre Annibale insieme con Madre Nazarena
Majone in udienza privata dal Papa Pio X. Scrive Padre Teodoro Tusino
nelle sue “Memorie biografiche”:
«Mons. Di Tommaso si compiaceva di raccontare i
particolari di quella udienza: egli disse che si era in trattative per
l’acquisto di San Pasquale. Il S. Padre intervenne subito: “Vogliamo
contribuire anche noi”. Aprì il tiretto, trasse fuori un biglietto
da mille, e consegnandolo al Vescovo, disse sorridendo: “Basta
questo?” – “Si figuri, S. Padre: dato da Vostra Santità!...”.
Il Papa ripeté il gesto e la domanda con un secondo biglietto: “Basta
questo?” - a cui seguiva la medesima risposta... E così fino a
cinque volte... Il Padre poi nota nel suo taccuino, a proposito delle
25.000 lire sborsate per S. Pasquale: “Lire cinquemila ce le diede il
S. Padre”».
Nel
1911 Mons. Di Tommaso acconsentì volentieri che gli studenti
rogazionisti frequentassero le scuole del Seminario, dove vennero ben
accolti e stimati.
É da collocare in questo periodo l’episodio riportato dal Padre Carmelo
Drago in cui i ragazzi di Oria da un atteggiamento ostile – “…spesso
ci prendevano di mira con torsoli, frutta marcia e sassi” –
passarono non solo a benvolere i seminaristi rogazionisti ma anche a
giocare con loro e con gli stessi ragazzi e a frequentare la catechesi.
“Dopo alcuni mesi la gioventù di Oria appariva trasforma così
affezionata a noi che, dovunque ci vedevano, anche per le strade, si
accompagnavano a noi con gioia” - conclude Padre Carmelo riportando
quanto Mons. Di Tommaso ebbe a dire: “…quelli di San Pasquale stanno
facendo un miracolo di apostolato tra gli adolescenti. Non so come
ringraziare il Signore e i carissimi Rogazionisti”; e ancora:
“…il Vescovo, quasi commosso, non trovava parole per lodare l’operazione
del catechismo che si faceva ai ragazzi del paese. Diceva: “Mi state
risanando la gioventù di Oria. Il popolo me ne parla tanto bene, ed
anche persone di riguardo che pure non sono tanto fervorose nella vita
cristiana”. E Padre Carmelo menziona del Padre «…le vive
raccomandazioni che ci faceva essendo ad Oria: “Attenti, ragazzi: appena
vedete il vescovo per le vie dovete come a Messina correre ai suoi
piedi, inginocchiarvi, baciare l’anello, domandare la benedizione. Il
vescovo rappresenta il Signore; sarà anche un buon esempio per gli
oritani, che non sogliono essere tanto espansivi col vescovo”».
Gratitudine e riconoscenza emergono dalla dedica al Vescovo di Oria
dell'opuscolo di preghiere a San Barsanofio scritto da Padre Annibale e
dato alle stampe nel 1914.
Risale al Marzo 1917 l’episodio in cui Mons. Di Tommaso concesse
finalmente la custodia dell’Eucaristia nella cappella interna
dell’Istituto di San Benedetto. Quando Padre Annibale ne fece richiesta
egli, pur sempre molto condiscendente nei suoi confronti, per alcuni
anni non credé opportuno accordargli il permesso. Il Padre rispose:
“Per noi ciò è una cosa vitale, ma, posto il suo diniego, sia fatta
la volontà di Dio e rimango ugualmente contento”. E di rimando il
vescovo: “Ed io per la vostra obbedienza vi concedo il permesso”. In
quella occasione il Padre, ringraziandolo del favore accordato, si scusò
per aver varie volte insistito nella richiesta, aggiungendo: “Certo
che i vescovi, che lo Spirito Santo pose a reggere la Chiesa del
Signore, hanno dei lumi particolari contro i quali è temerità elevarsi,
e che nemmeno bisogna indagare ma rispettarli sempre in silenzio”».
Nel 1918 Mons. Di Tommaso mediò per conto del Padre anche l’acquisto
definitivo del monastero di San Benedetto così come, durante i primi
mesi di permanenza delle suore, fece da tramite per acquistare a Napoli
alcuni telai da impiantare nell’Istituto. Sempre nella chiesa di San
Benedetto, il 25 Marzo 1920, in occasione dell’ordinazione sacerdotale
del Diacono diocesano Giovanni Nannarella, durante l’omelia propose come
modello la figura e l’opera di Padre Annibale per illustrare la dignità
e la necessità del sacerdozio cattolico.
Nel Giugno del 1921 per la prima volta venne celebrata pubblicamente a
Oria la festa di Sant’Antonio. Fu un grande avvenimento con una larga
partecipazione del popolo. Annota il diario: «Il
Padre predicò alcuni giorni della tredicina... Gli oritani dicevano:
“Fanno a gara S. Antonio e Papa Annibali a chi può portare più anime a
Dio”. E Mons. Di Tommaso di cui si festeggiò per la prima volta
l’onomastico con una rappresentazione teatrale poté affermare che
“…questo era il più grande miracolo di S. Antonio” ».
All’indomani della morte di Padre Annibale, il 4 Luglio 1927, fu Mons.
Di Tommaso a celebrare in Cattedrale la Messa di suffragio e, il 20
Luglio 1930, fu lui a conferire nel santuario “S. Antonio di Padova"
l’ordinazione sacerdotale ai quattro giovani Diaconi rogazionisti: P.
Carmelo Drago, P. Luca Appi, P. Redento Levi e P. Camillo Ruggeri.
Nel 1945, in occasione dell'inaugurazione della Via Annibale Maria
Di Francia, Mons. Di Tommaso, volle ricordare un aneddoto legato
all’acquisto del convento di S. Pasquale, trentasei anni prima, riguardante
l'originale pretesa del proprietario, il signor Nicola Salerno Mele, di
continuare a cacciare i tordi nel boschetto del convento. Il Padre stava
per concederglielo quando il Vescovo, che teneva personalmente le
trattative, intervenne: “Ma il canonico non sa chi saranno le future
cacciatrici …dovrebbero venire a cacciare la madre e la moglie di don
Nicola, col seguito delle amiche e conoscenti!”. “Oh, questo poi
no!” - replicò il Padre; il quale però si dichiarò disponibile a
fargli pervenire a casa di volta per volta i tordi catturati... ma a
"don Nicola" stava a cuore piuttosto la scampagnata di familiari e amici
nel boschetto e rinunziò alla richiesta.
Dal 16 al 30 Settembre 1946 il Tribunale Ecclesiastico di Oria,
presieduto da Mons. Antonio Di Tommaso, celebrò il Processo
rogatoriale per la causa di canonizzazione di Padre Annibale: in 28
sessioni vennero raccolte 13 deposizioni e fu ascoltato lo stesso
anziano Presule.
“Io non ho alcun dubbio che il Can. Di Francia sia un santo” ebbe
a dire in un’occasione Mons. Di Tommaso. E fu sua la famosa esclamazione
riportata da Don Barsanofio Chieti: a passeggio col Vescovo, videro in
fondo al viale della stazione di Oria il Padre che avanzava
faticosamente era ormai ai suoi ultimi anni; e il vescovo additandolo
esclamò: “Quell’uomo vuol essere a forza santo!” Mons. Di Tommaso
per tutta la durata della sua ventennale amicizia era stato testimone
della forza e della costanza con la quale il Padre tendeva risolutamente
alla santità. “Ho avuto occasione di ammirare
la grande pietà e la viva fiducia del Servo di Dio nella Provvidenza
– continua la sua
testimonianza –: il suo governo fu quello di un santo, si direbbe
piuttosto di un imprudente, perché audace, fidando sconfinatamente nella
Provvidenza”. E di questa santità traccia anche questo bellissimo
ritratto: “…ritengo che il Can. Di Francia stia sempre alla presenza
di Dio e che tutto quello che fa lo fa per Dio e con Dio. Si vede da
come agisce che per lui stare a pregare dinnanzi al Tabernacolo o
predicare o confessare o spidocchiare un povero ributtante o dare da
mangiare o vestire un fanciullo povero e derelitto è la stessa cosa!”.
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