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"Oria! questa carissima città..."
Il 4 Aprile 1909, Domenica delle
Palme, le Figlie del Divino Zelo prendono possesso del
monastero di San Benedetto in Oria. In questa occasione
Padre Annibale presentò la sua opera. L’alberello divelto
dalla tempesta mette la prima radice...
Oria: un luogo di rifugio, un porto di
salvezza
Discorso di Padre Annibale in occasione dell'inaugurazione della
Casa "San Benedetto" delle Suore Figlie del Divino Zelo (5 Aprile 1909)
«Oria! questa carissima città non era estranea a me fin dalla mia
giovinezza. Era io all’età di 18 anni, quando nella mia Messina
questo nome Oria risuonò al mio orecchio. Una sacra amicizia mi legò
con alcuni dei più Reverendi Padri della vostra città, fra i quali
il dotto e pio Canonico Vincenzo De Angelis di f. m. e il non meno
dotto e pio vostro Arcidiacono [Francesco] Errico. Più volte mi
mossi dalla mia lontana Messina, e qui venni per visitare questi
luoghi, per vedere di presenza quei venerandi Padri, per venerare le
sacre reliquie del vostro illustre protettore S. Barsanofio; e fin
d’allora, il grande Solitario della Palestina divenne mio
protettore, e il mio scarso estro giovanile gli offrì il tributo di
poveri ma affettuosi versi; e non pensai, che dopo tanti anni, li
avrebbero cantati in Oria queste orfanelle messinesi.
Oh! con quale trasporto, che nemmeno, sapeva spiegare a me stesso,
io mi traeva in questi luoghi! E la divina Provvidenza non cessava
di lavorare i suoi occulti disegni.
Passarono degli anni ed io pregai il Vescovo di Oria Mons.
[Teodosio] Gargiulo di f. m. di rendersi sacro alleato e
spirituale benefattore dei miei Istituti di Messina. Ed egli, quel
buon Prelato, la cui memoria rimase presso di voi in benedizione,
con sua lunga ed affettuosa lettera, che gelosamente conserviamo,
aderiva al mio invito, e mi accordava degli spirituali favori, al di
là di quanto io ne chiedeva. Ebbi vaghezza di vederlo di persona, e
dodici anni or sono fui un’altra volta in Oria, suo ospite
nell’Episcopio. Allora appresi da lui che, più di un secolo addietro
Oria aveva avuto un Vescovo di mia famiglia: il Vescovo Tommaso
Maria Francia, delle Calabrie, dove un ramo dei Francia si era
propagato proveniente dall’Otranto, che fu la prima terra dove si
stabilì questa famiglia.
A Mons. Gargiulo successe il vostro attuale Pastore, che oggi è
anche mio, e che Dio ci conservi per molti anni ancora. Io fui
sollecito di chiedere anche a lui la spirituale alleanza coi miei
Istituti di Messina, ed anch'egli, con suo prezioso autografo, mi
accordava quella sacra protezione [...].
Panorama della città (1940)
E la divina provvidenza seguitava il lavorio dei suoi occulti
disegni.
Venne il novembre dello scorso anno, un mese antecedente alla
catastrofe, ed io ebbi inaspettato e pressante invito dai Reverendi
Cappucini di Francavilla per predicarvi gli spirituali esercizi ai
Terziari. Da Francavilla mi fu facile recarmi a vedere la mia Oria,
e baciare il sacro anello a questo Eccell.mo Monsignore.
Allora un vivo impulso mi spinse di voler trasferire qualcuno dei
miei Istituti in Oria, e ne feci parola allo stesso Monsignore, che
se ne mostrò ben contento.
E la divina provvidenza proseguiva il suo occulto lavorio. Una
giovine oritana, ignara che io fossi a Francavilla, mi scriveva a
Messina, pregandomi di ammetterla nell’Istituto delle Figlie del
Divino Zelo. Fu avvisata che io appunto mi trovavo per queste parti,
e mi si presentò, e fu ben presto accettata. Era come un primo
anello che legava la Comunità di Messina alla città di S.
Barsanofio.
Diremo che tutti sono stati dei casi? No! Erano delle
predestinazioni e dei segni forieri di ciò che la divina Provvidenza
andava preparando.
Io però, in questa solenne circostanza, sento pure l’obbligo di
rivolgere a voi tutti una parola di ringraziamento e di preghiera
[...].
E in primo luogo Voi ringrazio, o Eccel.mo Monsignore, per la
singolare e magnanima carità, con cui avete accolte nel vostro
mistico ovile queste orfanelle e queste Suore. E non solo le avete
accolte con affetto più che paterno, santo e celeste, non solo avete
fatto apprestare per loro il miglior locale che poteva trovarsi in
Oria, da superare quello che si avevano a Messina, ma da Pastore che
alla carità unisce intelligenza e prudenza, avete pensato
all’avvenire di queste creaturine, provvedendole di industrie e
lavori. Che il Cuore SS. di Gesù ve ne dia larga ricompensa in
questa vita e nell’altra, o amatissimo Pastore. Queste orfanelle e
queste Suore, come lampade accese nel Santuario, leveranno l’ardore
delle loro umili preci per voi, incessantemente al divino cospetto.
O buon Pastore, alla vostra carità io le affido: proteggetele,
compatitele, sopportatele con la pazienza di Gesù S. N. e non
cessate di benedirle.
Il "Sedile" e Piazza Manfredi (1880)
Voi pure ringrazio, o buon Clero di Oria, di ogni vostro concorso a
vantaggio di queste figliuole. Esse hanno la missione di pregare
ogni giorno pei Ministri del santo altare, e queste loro preghiere,
voglia Iddio farle discendere in benedizioni su di voi, e su questa
diocesi oritana, per farla sovrabbondare di eletti Operai
evangelici.
Abbiatevi ora voi i miei più sentiti ringraziamenti, o cospicui
Signori di Oria. Voi date generosamente il vostro obolo e le vostre
personali fatiche pel buon collocamento delle orfane messinesi. Che
Gesù e Maria vi benedicano. E siate certi che larga ricompensa vi
darà Colui il quale disse: «Io riterrò fatto a me stesso ciò che
farete ad uno dei miei minimi». Ah! io le raccomando anche a voi
queste orfanelle, perchè possiate sempre aiutarle.
Ora a voi i miei ringraziamenti, o buon popolo di Oria. Il vostro
slancio, la vostra fede, saranno per voi indimenticabili. Ma
sappiate che queste vergini a Dio consacrate e queste povere
orfanelle, non cesseranno d’implorare dalla divina bontà che come
voi le accoglieste scampate al divino flagello, così il divino
flagello non venga mai a distruggere questa fedele città.
Oh, buon popolo di Oria, noi desideriamo che la fede, e i buoni
costumi, fioriscano tra voi, che il peccato, e specialmente la
bestemmia siano sempre banditi da questa città; e in questo senso
non cesseremo di pregare e di affaticarci per voi, sebbene
meschinamente.
E che dirò ora a voi, o venerande Figlie di S. Benedetto? Ah! voi
avete fatto da madri a queste orfanelle e a queste Suore,
accogliendole nella vostra casa e cedendo generosamente tanta
porzione del vostro locale. Ma sappiate che il Signore e la sua
Madre Santissima ve ne daranno il condegno guiderdone; e, sebbene
ragioni di particolari regole terranno nella debita distanza
l’antica e la novella Istituzione, e manterranno le giuste relazioni
tra l’una e l’altra, lasciando impregiudicato il tranquillo
ordinamento di ciascuna Comunità, pure, sappiate che non solo queste
orfanelle, ma anche queste Suore, saranno le vostre serve. Esse vi
venerano come madri reverende dell’illustre Ordine Benedettino; esse
che al vostro paragone non sono che fili d’erba dinanzi ad annose
piante.
Piazza Lama (1930)
O Eccellenza, o Padri, o Signori, o Moniali, o popolo, un’ultima
parola.
Messina è stata la città di Maria SS. della Sacra Lettera. Dio l’ha
colpita forse appunto perchè le era molto cara, essendo scritto: «Quos
amo corrigo et castigo». Quelli che amo ecc.
Messina cadde, la città diventò un mucchio di rovine, la secolare
Cattedrale fu anch’essa adeguata al suolo, ma tra le macerie
s’innalza un grande baldacchino di bronzo, il secondo dell’intiero
orbe cattolico, dopo quello del Bernini, che sovrasta alla
Confessione di S. Pietro in Roma.
Sotto quel baldacchino della diruta Cattedrale di Messina, campeggia
l’antichissima Immagine di Maria SS della Sacra Lettera. Principi,
Cavalieri, Imperatori, nel corso dei secoli, si sono prostrati a
quella Immagine. Ivi attinsero coraggio e fortezza Don Giovanni
d’Austria e i suoi federati, le sue armate navali e da lì mossero
alla grande vittoria di Lepanto. Innanzi a quella S. Immagine
Messina da sedici secoli e più ha effuso il suo cuore. Oggi Messina
è distrutta, ma quella Santa Immagine è sempre lì, come un segno
quasi della resurrezione di Messina. Ah! Maria della Lettera piange
ed aspetta. Piange come Rachele i perduti suoi figli, ma voi oritani,
avete già cominciato a consolare il materno suo Cuore, raccogliendo
nelle vostre mura queste sue figlie messinesi.
Maria della Lettera dal suo bronzeo baldacchino, vi guarda, vi
benedice, e par vi dica: oritani, anch’io vi ringrazio!»
Per l’ingresso delle Figlie del Divino Zelo in Oria
(Brindisi) in Discorsi, Scuola
Tipografica Antoniana Cristo Re, Messina, pp. 480 e ss.
"L’antico e grandioso castello..."
«...l’antico e grandioso Castello Svevo
di Federico II, nel quale tutto è ammirabile; incantevole la
posizione, s’innalza sopra una roccia, d’onde domina le vaste
pianure pugliesi, con orti e campi interni e con altissime
torri. E’ fatto a forma di nave e alla prua si accede di mezzo
ad un lungo viale, che termina con una cappelluccia della SS.
Vergine. Vi è solitudine e raccoglimento. Avvi una stanzuccia di
cui la tradizione dice essere servita come luogo di ritiro e di
orazione a S. Carlo Borromeo, il quale fu principe di Oria, e vi
aveva molte possessioni, che egli vendette, e in sol giorno
distribuì tutto ai poveri.
Avvi un’antichissima chiesa
sotterranea, che si fa rimontare ai primi secoli del
Cristianesimo, e contiene affreschi di quei tempi».
Padre Annibale M. Di Francia, "Dio e il prossimo",
Dicembre 1909
Il castello svevo come si presentava agli occhi del Padre
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