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Le stanze del Padre

 

 

  Cella numero 1

Qui tu posasti. Tutto di Te canta
qui dentro, o Padre, e qui sei sempre vivo,
eterna linfa di tua verde pianta,
dei tuoi figli pel mondo aer nativo.
Che se il tuo verbo ancor portar si vanta
la tua prole alle genti, a questo rivo
attingere dovrà, dove ci ammanta
la Povertà che te fece giulivo.
E se pur mostra le sue chiome spoglie
la tua famiglia, e presenta perfino
dei rami secchi tra appassite foglie,
Tu da qui la sospingi al suo destino,
e le ripeti che da queste soglie
oggi convien riprendere il cammino.

Messina, 3 gennaio 1967

P. Giuseppe Lagati (1918 - 2007)
(Poesia pubblicata in appendice del libro "Conferenze pedagogiche e formative"
di P. Teodoro Tusino)

 

 

 

 

 

 Nel corridoio ad ovest dell’ex-convento settecentesco dei Frati Francescani Alcantarini acquistato da Sant’Annibale Maria Di Francia nel 1909, si affacciano le due stanze da lui abitate. In questi ambienti infatti Padre Annibale è vissuto ed ha lavorato in diversi periodi, dal 1909 al 14 Ottobre 1926, ultimo giorno nel quale i cittadini di Oria lo videro.

Entrando, si avverte un clima di semplicità e di povertà insieme alla misticità del luogo abitato da un santo, che rivela gran parte del suo itinerario di fondatore, di apostolo della moderna pastorale vocazionale e di benefattore dei piccoli e dei poveri.

La storia di queste stanze - a cui, in epoca posteriore alla morte del Di Francia, venne aggiunta una terza, detta “del Padre Palma”, per accogliere altri oggetti a lui appartenuti - non ha registrato durante questi 100 anni alcun cambiamento o sostanziale ristrutturazione.

Nel 1999, in previsione della celebrazione del 150mo della nascita di Sant’Annibale, furono destinate a spazio museale anche le tre stanze situate di fronte a quelle del Padre e, per facilitarne l'accesso, è stata costruita una nuova scala che dal Santuario, attraverso una porte della navata di destra, conduce direttamente alle stanze del museo.

 

La stanza da letto

L’ambiente ispira semplicità, povertà e profonda spiritualità. Da osservare la ristrettezza della cella e l'impianto elettrico ancora funzionante risalente agli anni ‘20.

Si osserva il letto composto da due panche di legno sulle quali poggia un materasso di lana. Le suppellettili segnate dal tempo richiamano l’essenzialità e la povertà: il comodino con la bottiglia dell’acqua per la notte, il lavabo di terracotta col sapone consumato e i catini per l’igiene personale.

Tutta la stanza è tappezzata da quadri di santi e da un grande Crocifisso. Padre Annibale, per rispetto, quando cambiava la biancheria intima, copriva con una tendina le immagini collocate sulle pareti del letto.

Dietro la porticina d’ingresso della stanzetta, sul lato destro, si trova ancora un originale quanto ingegnoso attaccapanni realizzato con una serie di grandi chiodi ricoperti di stoffa e conficcati nel muro.

Una presenza che si ripete in tutte le stanze dei ricordi di Padre Annibale è la statua di Maria Bambina. La splendida immagine è sistemata nel cavo di una antica scansia a muro. Sant’Annibale era talmente devoto alla Vergine Maria Bambina che Ella volle apparirgli in visione il giorno prima di morire. Nel vano inferiore si trova una statuetta di Gesù Adolescente che stringe al petto delle spighe e dei grappoli d'uva appartenuta a Padre Pantaleone Palma.

 

Il Padre stando in Oria si ammalò ed era a letto con febbre alta. Nel frattempo, Mons. Vescovo, Antonio Di Tommaso avverti che sarebbe venuto a fargli visita. Io [Fratel Carmelo Drago] allora feci la proposta al Padre di passare in un’altra stanza più decente perché quella celletta, dove sempre era stato, si presentava molto misera. Rispose il Padre: “No, affatto. Il Vescovo sa che siamo religiosi, che abbiamo fatto voto di povertà, e come tale sa di trovare una stanza di poveri e non di ricchi. La povertà ai religiosi non deve fare vergogna, ma onore”. Dinnanzi al suo rifiuto, cercammo di togliere da quella celletta, o almeno di coprire, ciò che sembrava molto misero, come il bacile di terracotta, sostenuto da un tripode che era quasi un avanzo di ferraglia... Ci voleva almeno una bacinella di ferro smaltato. E poi, come fare con quei chiodi infissi nel muro e camuffati con stoffa per servire da attaccapanni? Riprese il Padre: “Non capisco perché vi state affannando tanto. Lasciate le cose come stanno. Fate per bene la pulizia, mettete ordine, questo sì, perché la pulizia e l’ordine sono il decoro della povertà”. Il Padre curava da sé la sua stanza ad Oria. Solo qualche volta si faceva aiutare dal famulo Bontempo o Lombardo.

Drago, Il Padre. Frammenti di vita quotidiana, p. 210 -211

 

Aveva la povertà e lo spirito di povertà profondamente impresso nell’animo. Ricordo le proteste continue che mi fece quando trasformai il pavimento della sua celletta ad Oria, formato da cocci e da pietrisco misti a calce ma già consumato ed infossato, sostituendovi semplici mattonelle di cemento multicolori che, a detta del muratore, costavano di meno dell’antico sistema. Mi disse che bisogna distinguere fra “economia” e “povertà”: “…non tutto quello che è economico conviene ad un religioso; i frati forse comprano di più il panno determinato dalla regola?” Alla mia osservazione che i pavimenti dei dormitori degli orfanelli avevano un impiantito di mattonelle esagonali, piuttosto di lusso, in grès, – rispose che gli orfanelli non hanno fatto voto di povertà come i religiosi […].

Testimonianza di P. Carmelo Drago, in “Positio super virtutibus. II”, p. 282

 

Nostalgia per la vecchia cella

La celletta, in cui il Padre abitava fin dall’apertura della Casa di Oria, aveva il pavimento all’antica, come tutte le altre: un impasto di calce e cocci di terracotta, ormai completamente consumato. Più di una volta avevo tentato di farlo riparare, ma il Padre mi rispondeva sempre che era buono. Quando poi egli stesso si accorse che c’era pericolo anche di cadere, finalmente mi diede il permesso di farlo riparare. Il muratore, vedendo in che stato era ridotto, disse che non c’era nulla da riparare, bisognava rifarlo tutto completamente, e non più con quel sistema antico, che non si usava più e che sarebbe costato molto, bensì con mattonelle di cemento monocolore. In questo modo sarebbe costato di meno e sarebbe stato molto più decente. Io mi persuasi e lo feci fare. Quando il Padre, appena ritornato, entrò nella cella, e vide quel pavimento, si fece serio, mi rimproverò e mi disse: “Hai tolto il più bello della cella. Non è più quella di prima. Il pavimento sembra di lusso. Io non vi entrerò più. Trovami un’altra cella con il pavimento come quello che era prima qui”. Non valsero ragioni. Egli rincarò la dose, soggiungendo: “Lo spirito di povertà non sempre va d’accordo con l’economia. Alle volte, alcune cose che costano di meno, danno una sensazione di lusso nei confronti di un’altra cosa che costa di più. Noi dobbiamo badare anche a questo per il buon esempio che dobbiamo dare al prossimo. Nelle nostre Case, tutto ciò che deve servire per i religiosi, come abitazione, mobilia, tutto deve essere conforme allo spirito di povertà. Per gli orfani invece si può fare qualche eccezione, perché bisogna tenerli bene e perché non sono avviati alla vita religiosa”.

Carmelo Drago, Il Padre. Frammenti di vita quotidiana, p. 217 -218

  

Il letto

Tutta la comunità dormiva su lettiere a rete metallica; lui volle invece un letto con trespoli e tavole. Ricordo che quando si apri l’istituto di Oria, per dieci giorni circa, tutti noi dormivamo su letti di fortuna ed anche su semplici stuoie o coperte, lui volle senz’altro dormire su nude tavole, coperte da un lenzuolo, dicendo che le ossa d’un vecchio sono più resistenti di quelle d’un bambino, tenere.

Testimonianza di P. Carmelo Drago, in “Positio super virtutibus. II”, p. 282

  

L’attaccapanni

È bello osservare nella sua stanzetta di Oria il suo attaccapanni formato da chiodi affissi al muro, da lui stesso rivestiti di stoffa per evitare le macchie di ruggine!

Teodoro Tusino, Non disse mai no, p. 168 - 169

  

Stoviglie

In quel tempo, ad Oria, per noi fu esempio mirabile di povertà e di umiltà quando per mancanza di altri, egli [Padre Annibale] fece il cuciniere e lo sguattero, per una quindicina di giorni, cavandosela anche discretamente e con tutta naturalezza. Ricordo che una tazza di terracotta, su un sistema da lui ideato, serviva a noi ed a lui; a tavola, per tutti gli usi. I piatti erano di terracotta, fabbricati a Grottaglie, con delle diciture morali, di sua ispirazione. Si consumavano le diverse pietanze in un unico piatto.

Testimonianza di P. Carmelo Drago, in “Positio super virtutibus. II”, p. 282

 

Entrammo in casa dalla Chiesa, dopo aver fatto varie preghiere al Signore, alla Madonna e ai Santi: ricordo le invocazioni a S. Pasquale e a S. Pietro d’Alcantara. A cena mi son rimasti impressi i piatti con le sentenze - a me toccò: Imitiamo la temperanza della Ss. Vergine - e la pasta asciutta, piuttosto nera, in bianco, con l’olio fritto...

Teodoro Tusino, La nostra Casa di S. Pasquale Baylon in Oria.II, p. 35

 

Il suo cibo non solo era molto scarso e non vario ma anche molto povero. Non voleva che si usassero stoviglie di una certa apparenza. Aveva ordinato a Grottaglie piatti, bicchieri e tazze di semplice terracotta, e li usava con tanto piacere.

Testimonianza di P. Carmelo Drago, in “Positio super virtutibus. II”, p. 323

  

Statuetta di Gesù Bambino

La statuetta, appartenuta a Padre Palma, è simile ad un’altra che fu la prima immagine sacra venerata nella cappella del Quartiere Avignone a Messina. Ai suoi piedi Padre Annibale era solito porre delle preghiere scritte in forma di lettera.

  

Statua di Maria Bambina

Una presenza che si ripete in tutte le stanze dei ricordi di P. Annibale è la statua di Maria Bambina.

«Nella devozione di P. Annibale per la Madonna spicca il carattere di una infantile semplicità, d'una tenerezza filiale e di una grande generosità. […] Per Maria Bambina aveva una tenerezza speciale! Una tenerezza contagiosa, che comunicava a quanti si trovavano con lui a venerarLa. Si fece finanche fotografare con la Divina Bambinella in braccio! E la Madonna volle premiarlo di questa sua semplice e filiale confidenza! […] Nell'ultima sua malattia, che fu lunga e penosa e che trascorse di preghiera in preghiera, aveva sempre il Nome di Maria sulle labbra! La sera dell'antivigilia della sua morte, notò nel suo stato di salute una miglioria. E già pensava di potersi levare dal letto la mattina dopo. Infatti la mattina del 31 Maggio, verso le otto antimeridiane, si alzò da letto, fece la S. Comunione, e rimase a lungo in ringraziamento seduto sul seggiolone. Fratello Michelino Lapelosa, suo infermiere, gli stava accanto per ogni evenienza. Ad un tratto lo vide accendersi in viso e volgersi verso di lui. Ma lasciamo la parola al Fratello, che così narrò poi: «Ad un tratto con viso lieto ed infuocato, con occhi scintillanti, tra uno slancio, che voleva essere corsa, esclamò: "Oh, la Ss.ma Bambinella! Oh, che bella! Oh, che bella! Ecco le dodici stelle! Ecco la sua faccina! Oh, i piedini! Guarda, guarda, fratello... verso la finestra!". Ed io col cuore palpitante correr lì; tastare, volgermi indietro, chiedere nuove indicazioni!... Ed egli: "Di qua! di là! Più a destra! più in su! Quasi la tocchi!...". Ma, ohimè! Io non avevo la fede del Padre! Non meritavo tanta grazia! Perciò non vidi nulla». La Madonna voleva premiare il Servo fedele e consolarlo nelle ultime ore di vita. Infatti a sera entrò in agonia. La mattina dopo, 1 Giugno, Mercoledì, alle ore 6:30, P. Annibale concludeva la sua giornata terrena.

Domenico Serafino Santoro, Padre Annibale Di Francia nella luce di Maria. Rievocazioni della sua vita, p. 94 - 95

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 27-05-17